La semantica, intesa come quel il ramo della linguistica che studia il rapporto tra significante e significato, è (o perlomeno dovrebbe essere) sempre alla base della formulazione di un pensiero, in special modo quando tale pensiero viene verbalizzato e condiviso con un grande pubblico.
Qui vorrei presentare una mia riflessione, emersa negli ultimi giorni leggendo alcuni titoli di giornale.
Mi riferisco, ad esempio, all’ultimo numero della rivista Internazionale, dedicato in copertina alle donne e alle rivendicazioni promosse nel mondo, dove campeggia la seguente frase:
“Dagli Stati Uniti all’Asia un movimento contro il potere maschile”
Non intendo entrare nel merito dei contenuti, ma evidenziare quello che credo sia un problema di male utilizzo della parola e dei significati impliciti che da ciò possono derivare.
Un problema di semantica, appunto.
Personalmente ritengo che definire la ricerca di una parità di genere come un “movimento CONTRO il potere maschile” sia intrinsecamente sbagliato. Forse potrebbe andar bene parlando di strapotere maschile, oppure di abuso di potere maschile, o ancora di unicità decisionale maschile, ma non di potere maschile in sé. Dico questo perché se l’obiettivo è una parità di genere reale di considerazione e di opportunità, non possiamo scatenare una guerra contro il “potere maschile”, perché se c’è il merito è giusto riconoscerlo e in un’ottica di parità di genere ciò deve valere sia per la donna che per l’uomo.
Se a parità di condizioni e con equità di giudizio un uomo è più meritevole di una donna è giusto che sia lui a prevalere; viceversa se più meritevole risulta essere la donna allora sarà lei a dover prevalere. Così è la parità di genere.
Il vero problema è ottenere una parità di condizioni e un giudizio equo e non parziale. Su questo dovrebbero basarsi le rivendicazioni femministe. Su questo dovrebbero concentrarsi i giornalisti, ponendo maggiore attenzione alle parole utilizzate, non riducendo il problema ad una mera guerra dei sessi, che certamente non porterebbe giovamento a nessuno.
E.B.